Quando superiamo i limiti del pianeta, anche i nostri sono over

Ultimo aggiornamento: 17/11/2025
limiti del pianeta

Sta venenedo sempre più evidenziato come i limiti del pianeta siano strettamente legati alla nostra salute. Anche l’ultimo Global Carbon Budget ha confermato un dato tanto semplice quanto allarmante: nel 2025 le emissioni globali di anidride carbonica provenienti da combustibili fossili toccheranno un nuovo record. Significa che ogni anno immettiamo nell’atmosfera più gas serra di quanti il pianeta sia in grado di assorbire e che il cosiddetto carbon budget, il bilancio del carbonio che ci permetterebbe di restare sotto 1,5°C di riscaldamento, è ormai prossimo all’esaurimento. Ma ciò che spesso sfugge è che questi numeri non raccontano solo un problema climatico: raccontano un problema sanitario. Perché quando il Pianeta supera i suoi limiti, anche il nostro corpo inizia a farlo.

Ozono troposferico: un inquinante che attacca i polmoni

L’aumento delle emissioni comporta innanzitutto una maggiore concentrazione di ozono troposferico, un inquinante che non viene emesso direttamente, ma che si forma nelle giornate calde e soleggiate dall’interazione fra NOx e composti organici volatili. Con l’aumento delle temperature, queste condizioni diventano più frequenti e intense: il risultato è un’aria più irritante, capace di aggravare l’asma, aumentare le infiammazioni delle vie respiratorie e ridurre la funzione polmonare, soprattutto nei bambini, negli anziani e in chi soffre già di malattie respiratorie. In estate, l’ozono raggiunge i suoi picchi proprio quando i polmoni sono più vulnerabili allo stress termico, moltiplicando i rischi.

Particolato fine: un rischio cardiovascolare crescente

Parallelamente cresce anche la concentrazione di particolato fine, in particolare il PM2.5, che penetra nei polmoni fino al circolo sanguigno. Numerosi studi hanno dimostrato una correlazione diretta tra PM2.5, aumenti delle malattie cardiovascolari, infarti, ictus e peggioramento dell’ipertensione. Non si tratta di effetti marginali, ma di un peso sanitario enorme: più inquinamento significa più ricoveri, più farmaci prescritti, più giornate di lavoro perse e una qualità della vita ridotta, soprattutto nelle persone fragili. L’Italia, che presenta già una delle più alte incidenze europee di malattie cardiovascolari, si trova così esposta a un doppio rischio, climatico e sanitario.

Stress termico cronico: quando il caldo manda in crisi cuore e reni

Al quadro si aggiunge lo stress termico cronico, uno degli impatti meno visibili ma più insidiosi del riscaldamento globale. Le ondate di calore non sono più eventi eccezionali: durano più a lungo, iniziano prima, colpiscono le città con maggiore intensità a causa dell’effetto “isola di calore”. Il corpo umano possiede dei meccanismi efficienti per regolare la temperatura interna, ma questi sistemi non sono progettati per sostenere un caldo estremo e prolungato. Il cuore deve pompare più sangue verso la pelle per dissipare calore, aumentando il carico cardiocircolatorio. Nei soggetti cardiopatici, questo può tradursi in scompenso acuto, aritmie e un aumento della mortalità nei periodi più caldi.

Il caldo eccessivo, inoltre, riduce l’afflusso di sangue ai reni, aumentando il rischio di insufficienza renale, soprattutto nei lavoratori esposti, negli anziani e in chi assume diuretici. A questo si aggiunge il rischio di disidratazione, colpi di calore e crolli della pressione sanguigna. I mesi estivi diventano così un banco di prova sempre più impegnativo per il sistema sanitario, costretto a rispondere a un numero crescente di emergenze legate alle alte temperature.

I limiti del pianeta sono anche i limiti alla nostra salute

Il quadro complessivo mostra una realtà chiara: i limiti ambientali che stiamo superando non riguardano un futuro lontano, ma il presente del nostro corpo. Ogni tonnellata di anidride carbonica emessa oggi incide sul clima di domani, ma anche sulla qualità dell’aria che respiriamo oggi, sul funzionamento del nostro sistema cardiovascolare e sulla resilienza dei nostri organi nei periodi di stress termico. E in un Paese come l’Italia, caratterizzato da un’alta percentuale di popolazione anziana e da città densamente abitate, gli effetti sanitari del cambiamento climatico diventano ancora più tangibili.

Proteggere il pianeta significa proteggere la nostra salute

Affrontare questa situazione significa agire su due fronti. Da un lato la riduzione urgente delle emissioni, che può rallentare il peggioramento del clima e migliorare in modo diretto la qualità dell’aria. Dall’altro, una preparazione sanitaria più solida, che includa piani di prevenzione per le ondate di calore, monitoraggio degli inquinanti, informazione ai cittadini e una maggiore attenzione alle persone fragili. Perché proteggere il pianeta non è solo un atto ambientale: è un atto di cura. E ogni gesto che riduce l’impronta climatica è anche un investimento in salute, presente e futura.

Articolo a cura di:

Riccardo Pallotta

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