Microplastiche e cambiamento climatico: doppia minaccia per la salute umana

Ultimo aggiornamento: 02/07/2025
microplastiche

L’inquinamento da microplastiche e il cambiamento climatico rappresentano due delle più gravi emergenze ambientali del nostro tempo. Ma c’è un aspetto ancora poco discusso: quando questi due fenomeni si combinano, i rischi per la salute umana e ambientale si amplificano, colpendo in profondità il nostro sistema immunitario, ormonale e respiratorio.

Microplastiche: dove si nascondono e cosa causano

Le microplastiche sono frammenti di plastica inferiori ai 5 millimetri. Invisibili a occhio nudo, si accumulano nell’ambiente, entrano nella catena alimentare e raggiungono persino il nostro sangue e i polmoni. Le recenti ricerche hanno dimostrato che queste particelle possono attraversare le barriere biologiche, depositarsi nei tessuti umani e interferire con il funzionamento delle cellule. Le conseguenze? Infiammazioni croniche, alterazioni endocrinologiche e un possibile aumento del rischio di patologie cardiovascolari e tumorali.

Clima che cambia, plastica che pesa

Il cambiamento climatico non fa che peggiorare il quadro. Temperature più alte, fenomeni estremi e l’acidificazione degli oceani alterano la degradazione della plastica, accelerandone la frammentazione e aumentandone la diffusione. Inoltre, in un clima più caldo, i rifiuti plastici si degradano in modo più rapido ma incontrollato, rilasciando sostanze tossiche come ftalati, bisfenoli e metalli pesanti. Anche la combustione della plastica nei roghi all’aperto, più frequenti in molte aree colpite da eventi climatici estremi, contribuisce a inquinare l’aria che respiriamo con microinquinanti pericolosi.

L’Oceano malato e la salute a rischio

La Terza Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano (UNOC3), tenutasi a Nizza a giugno 2025, ha riportato al centro del dibattito globale l’urgenza di un trattato internazionale vincolante contro l’inquinamento da plastica. Tuttavia, il bilancio finale è stato deludente: i Paesi partecipanti non sono riusciti a raggiungere gli accordi necessari per proteggere almeno il 30% delle aree marine entro il 2030. Un’occasione mancata, se si considera che oltre il 70% dell’ossigeno che respiriamo proviene dal mare e che i pesci contaminati da microplastiche finiscono sulle nostre tavole, alterando l’equilibrio nutrizionale e aumentando i rischi per la salute.

Una questione di salute pubblica

Sempre più studi indicano che l’esposizione combinata a microplastiche e stress ambientali legati al clima, come caldo estremo, inquinamento atmosferico o scarsità idrica, rappresenta una minaccia concreta per la salute pubblica. I soggetti più vulnerabili sono bambini, anziani e persone con patologie pregresse. Le particelle inalate possono aggravare l’asma e le malattie polmonari, mentre quelle ingerite interferiscono con la digestione e il metabolismo, fino a compromettere il sistema immunitario.

Perché la salute del pianeta è anche la nostra

Mentre si attende che i governi compiano passi concreti a livello internazionale, è fondamentale promuovere azioni locali e individuali per ridurre l’esposizione: limitare l’uso della plastica monouso, scegliere prodotti privi di microplastiche, migliorare la gestione dei rifiuti e sostenere modelli di produzione e consumo più sostenibili. Anche il settore sanitario ha un ruolo da svolgere: ridurre l’impronta ambientale delle strutture sanitarie e sensibilizzare pazienti e operatori sui legami tra ambiente e salute è parte integrante della prevenzione moderna. Nel Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi, l’inquinamento da plastica e il cambiamento climatico devono essere affrontati come un tutt’uno. Solo proteggendo la salute dell’ambiente possiamo proteggere la nostra. Come ha ricordato il Segretario Generale dell’ONU António Guterres: “L’Oceano è vita. E la sua difesa è una questione di sopravvivenza comune”.

Quali esami e visite possono aiutare a monitorare l’impatto dell’inquinamento ambientale sulla salute?

L’inquinamento da microplastiche e i cambiamenti climatici non sono solo questioni ambientali, ma rappresentano un rischio concreto anche per la salute umana, in particolare per l’apparato respiratorio, il sistema immunitario e l’equilibrio endocrino. Sebbene non esistano ancora protocolli clinici standardizzati per il monitoraggio specifico delle microplastiche nell’organismo umano, è possibile adottare un approccio preventivo e integrato attraverso controlli mirati.

Ecco alcuni esami consigliati:

  • Visita pneumologica: utile per chi vive in aree urbane o costiere ad alta esposizione. Aiuta a valutare eventuali disturbi respiratori collegati a inalazione di microplastiche sospese o sostanze tossiche associate.
  • Spirometria: test semplice e non invasivo per valutare la funzionalità respiratoria, particolarmente utile in caso di sintomi come tosse cronica, affaticamento o dispnea.
  • Analisi del sangue con pannello infiammatorio e markers tossicologici: per individuare eventuali stati infiammatori sistemici, alterazioni del fegato, stress ossidativo o accumulo di metalli pesanti, che possono essere correlati all’inquinamento ambientale.
  • Esami delle urine per la ricerca di microinquinanti ambientali (se disponibili): alcune strutture specialistiche offrono test per individuare tracce di ftalati, bisfenoli o altri interferenti endocrini spesso associati alle microplastiche.
  • Valutazione endocrinologica: consigliata in presenza di disturbi ormonali, irregolarità metaboliche o sospette interferenze da sostanze chimiche ambientali.
  • Visita nutrizionale: per ridurre l’esposizione alimentare a microplastiche attraverso scelte consapevoli e dieta anti-infiammatoria.
Articolo a cura di:

Riccardo Pallotta

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